Il Tavoliere, a forma di mezza luna, prende il nome dalle Tavole censuarie, registri fiscali dei grandi possedimenti di epoca antica. E’ la pianura più vasta dell’Italia peninsulare e si estende fra l’Appennino, il Gargano, l’Ofanto e il mar Adriatico.
Questa zona ricca di storia (dalla colonia aragonese di Castelluccio dei Sauri, alla federiciana Lucera e al borgo medioevale di Troia) è fertile produttrice di grano e olio ed è un vivace referente della centrale Foggia. Questa ricchezza culturale ed economica è cresciuta parallelamente all’attività cinematografica dai primi anni del XX secolo (il primo cinema di Lucera è del 1907) fino agli anni ’80.
Alla fine del secolo, però, mentre il Tavoliere agricolo e culturale è ancora molto attivo, il Tavoliere delle sale cinematografiche si presenta come un cimitero a cielo aperto.
A Lucera campeggia il grigio Politeama, incendiato nel 1981, che, oppresso dai palazzi dirimpetto, toglie il respiro, in un’atmosfera affumicata e asfittica.
A Troia il cinema Comunale sembra piegarsi su se stesso, spanciare dalle porte e dalle finestre, schiacciato dal tempo e dalla decadenza della struttura, mentre 1’ex cinema Diana, in stato di abbandono, nella sua mole fatiscente, fa da contraltare al verde della villa Comunale.
A Castelluccio dei Sauri il Galleria è mangiato dalla muffa, le porte e le poltrone in legno sono fradice, gli infissi in ferro sbriciolati dalla ruggine. L’unico paese che sfugge a questa realtà di abbandono fisico è Ortanova, dove si è esercitato il dominio e la colonizzazione della famiglia Cicolella, che ha costruito il suo primo locale ortese nel 1947 e lentamente ha catalizzato intorno a se tutta l’attività del paese, assicurandole cura, prosperità e lungimiranza.
A Lucera, un centro di 35.000 abitanti a soli 18 chilometri da Foggia, il cinema arriva negli stessi anni e con la stessa vivacità del capoluogo. Tra il 1907 e il 1914 nella cittadina saracena ci sono già quattro sale cinematografiche.
Negli anni ’50 a tre cinema (per un totale di 1800 posti) si aggiunge anche un’arena di 400 posti. I lucerini vivono con passione ed entusiasmo il cinema muto e continuano a sostenere quest’attività negli anni d’oro di Hollywood e del grande cinema italiano, con una ricchezza di iniziative e una cura nei locali non comuni.
I cinema sono grandi saloni da ricevimento, con caffè e optional, che arricchiscono ogni serata di sfarzo mondano.
Con gli anni ’80, però, anche in questa cittadina cosi all’avanguardia, il cinema subisce una brusca battuta d’arresto. Fra i gestori prevale ora la paura di rischiare, ora la pigrizia, l’incapacità di mettersi in gioco. L’unica sala oggi in funzione è il Cinema San Giuseppe (oggi conosciuto come Cinema Teatro dell’Opera), che, a metà degli anni ’80, trasforma la sua iniziale programmazione parrocchiale per cercare di coprire il deficit di offerta creatosi sulla piazza di Lucera. Nella virata di rivalutazione del cinema degli ultimi anni ’90, un paese come Lucera, ricco e in espansione e soprattutto che vive in una società in cui le distanze sono state dimezzate dai moderni mezzi di comunicazione, si trova a un bivio: spostarsi definitivamente nella sfera di influenza delle sale cinematografiche foggiane o tentare di ricostruire una propria identità e una propria imprenditorialità in questo settore.
Il Politeama Margherita nasce come teatro nel 1890. Ha una capienza di 570 posti in platea e 370 tra le due gallerie a ferro di cavallo e il loggione. Dispone anche di un palcoscenico di 8 metri per 14. Domenica 8 dicembre 1907 il Politeama comincia a proiettare tre rappresentazioni cinematografiche a sera.
II Foglietto lodava il “perfetto meccanismo, le nitidissime proiezioni, e la scelta dei quadri rappresentativi, fatta con gran gusto d’arte e con fine intuito delle inclinazioni del pubblico, nelle varie classi in cui esso è diviso”.
L’istituzione del Royal Cinematograph al Politeama e un’idea dei fratelli Faccilongo, comproprietari della sala, ma la gestione del cinema e subito affidata al cavalier Damiani.
Nel 1909 diviene proprietario del Politeama e del Royal Cinematograph.
Giuseppe Brunetti, che scegliendo per il suo locale pellicole come “Manon Lescaut”, “I ladri incendiari”, “I cosacchi del Don”, “Un viaggio nelle Indie”, ottiene grande successo, con parecchie proiezioni ripetute a richiesta. II cinema, dai lucerini, a quell’epoca è vissuto con entusiasmo e con un continuo stato di stupore. II Foglietto si meravigliava per “la scelta dei quadri e la precisione delle manovre dell’apparecchio, dovute all’abilità del proprietario, don Peppino Brunetti, per il prezzo modico, per la durata di due ore dello spettacolo e anche per l’orchestrina del bravo maestro Curti”.
Il successo del cinema si va rafforzando con il passare del tempo. Nell’inverno del 1910, II Foglietto con tono da spot pubblicitario scrive:
Il Royal Cinematograph richiama tutte le sere e specialmente quelle di festa, al Politeama Margherita una folla di persone di ogni sesso, d’ogni classe e d’ogni grado che va ad applaudire le bellissime proiezioni della “Casa Cines” di Roma e della “Pathe” di Parigi. Chi vuol commuoversi – c’è da ridere molto e da piangere – e chi vuol vedere paesaggi bellissimi e conoscere cose che probabilmente non conoscerà mai più, vada dunque al Royal Cinematograph. Poca spesa e molto diletto.
Nel marzo dello stesso anno Brunetti, ebbe una lieta sorpresa. Degli ignoti amatori di cinematografia portano via il suo proiettore, svitandolo dal sostegno, con tutte le precauzioni note agli esperti. II furto e subito denunciato e la cittadinanza reagisce “coprendo di firme un foglio di sottoscrizione per mettere in grado don Peppino di acquistare una nuova macchina cinematografica”.
Grazie all’iniziativa del proprietario e al sostegno del pubblico, il Politeama il mese dopo è di nuovo in funzione con spettacoli cinematografici che sembravano delle vere e proprie rappresentazioni. Il dramma emozionante era seguito dalle macchiette, queste dalle farse. C’era perfino da gustare l’intermezzo musicale!
“E tutto per pochi baiocchi! Bravo don Peppino!” scrive sempre Il Foglietto, soddisfatto di quei pienoni a dispetto di tutti i ladri del mondo, che credevano distruggere l’istituzione cinematografica, e invece questa era risorta più vigorosa di prima.
Nel 1911 ormai don Peppino è riuscito ad accattivarsi le simpatie generali ed è diventato il padrone assoluto degli spettacoli cinematografici nella città di Lucera.
Sulla scia del consenso generale, Brunetti quell’anno fa riprendere su pellicola le feste del cinquantenario festeggiatosi a Lucera, segnando il primo momento di contatto attivo (e non solo di fruizione) tra la città e il cinema.
Nel 1912 1’apertura di due nuove sale a Lucera, il cinema Eden (dei Faccilongo) e la sala Vittoria (di Giovanni Pilla) costringe “Don Peppino, cinematografista per eccellenza” a chiudere per un certo periodo il locale. Ma, superate certe piccole difficoltà, quasi iettatorie, il 12 dicembre dello stesso anno riaprì il suo locale con il film “La cella”. E anche se la sala gli impediva di diventare presto milionario, perchè era un pochino… angusta, il pubblico torna numeroso.
Prima che Sonnino firmi il patto di Londra, divengono nuovi proprietari del Politeama i signori Gifuni e Caso.
Con la gestione Gifuni-Caso, il Politeama vive un periodo di frizzante attività.
Il 20 marzo 1915, Il Foglietto riportava un fitto cartellone di appuntamenti:
da venerdì sera si proietta con crescente e meritato successo di pubblico la films artistica “Caius Julius Caesar” della Cines. Per esaudire le numerose richieste si replicherà domenica, per l’ultima volta. Per sabato e domenica sono assicurate le due recite straordinarie della tournee di Hallander Helleman, che attualmente furoreggia al Dauno di Foggia. Si annuncia infine una breve stagione di opera con La Traviata, Il Trovatore e Il Barbiere di Siviglia.
Per tutta la primavera del 1915 gli spettacoli cinematografici e teatrali sono incalzanti nella stagione del Politeama; soprattutto con film che ripropongono sullo schermo il patriottismo, come “La Vita per il re”, un lungometraggio interpretato dall’artista Capozzi, o i luoghi come il Tirolo, dove combattevano i soldati italiani, con il film storico “L’insurrezione del Tirolo” 1809. Film che, in qualche modo, fanno vivere la guerra e placano la voglia di notizie di chi non è al fronte.
Con il secondo anno di guerra iniziano le difficoltà per i cinema, infatti, il Politeama nel 1916 alterna periodi di attività a periodi di chiusura, anche se nonostante il coprifuoco e gli stenti, la ripresa degli spettacoli cinematografici, al Politeama, è salutata da un pubblico numeroso ed entusiasta.
Dopo il primo conflitto mondiale la gestione del Politeama è curata dall’impresa Martella e Pellini, che comincia subito con grande stile, proiettando, per esempio, film come Intollerance, capolavoro del poeta americano David Wark Griffith, costato per la sua magnificenza 30 milioni di lire e che si proponeva di narrare l’amore in lotta con l’intolleranza attraverso i millenni.
Nel 1920 i nuovi proprietari (Gifuni e Caso) stipulano un contratto di due anni con 1’impresa Emilio D’Argenzio, Umberto La Piccirella e Torcisio Padovani, i quali si impegnano a “rialzare le sorti del bel teatro, con interessanti spettacoli cinematografici, lirici, operettistici e drammatici”.
L’impresa D’Argenzio & C. esordisce subito con la proiezione di film di gran successo come il dramma poliziesco “La morte rossa”, e con l’iniziativa pubblicitaria di sorteggiare, alla prima domenica di giugno, tra gli assidui frequentatori, due splendidi regali, uno per i bambini e uno per i signori e le signore.
Nel 1921 Gifuni e Caso riprendono le redini del Politeama, insieme con Umberto La Piccirella, e prima di riaprire i locale, fanno “notevoli innovazioni e riparazioni, ed in più un lussuoso impianto di luce” per realizzare “una sala più elegante, più linda, più civettuola, più luminosa”.
Essendo fallite all’ultima ora le trattative per una campagna d’operette, il nuovo Politeama viene inaugurato con il film poliziesco “Una donna è scomparsa”, spettacolo in quattro parti. La nuova gestione promette per il mese successivo, dal 27 ottobre al 3 novembre, le recite delle marionette Cagnoli, reduci dal Dauno di Foggia, e per il 4 novembre il debutto della compagnia comico-cantante Alfredo Zelani.
Nel 1923 al Politeama si organizzano anche veglioni, balli in maschera e feste.
Nel 1928 divengono proprietari del Politeama i fratelli Sacco e Otello Balsamo. Poiché il cinema è adiacente a un mulino, Umberto, Peppino e Maria Ilaria Sacco decidono di comprare ambedue le attività, ma preferiscono dedicarsi soprattutto alla cura del mulino. Per il cinema si affidarono alla collaborazione di Balsamo.
Dal 1940 agli anni ’50 il Politeama si inserisce nel circuito dei Cinema Riuniti, insieme con il Lepore (di Michele Lepore) e il Roma (di Achille di Pierro); circuito nato per iniziativa di Lepore, per smorzare i rischi della concorrenza.
In quegli anni i tre maggiori cinema di Lucera proiettano a giorni alternati durante il corso della settimana.
Nell’agosto 1952, per cause ignote “la macchine di proiezione del Politeama e i film che si trovavano della cabina prendono improvvisamente fuoco”. Tra gli spettatori c’e molto panico, ma per fortuna nessun ferito.
I1 danno è di diversi milioni. Vanno distrutti l’intera cabina con tutti gli impianti.
Nel 1955, in un clima di miglioramento generale delle sale cinematografiche, viene realizzata la prima innovazione del Politeama: l’impianto di schermo panoramico.
Nel 1977 la gestione del Politeama è affidata a Luigi Sacco, che si occupa del cinema fino al 1981, quando un incendio doloso lo devasta, riducendolo a un rudere nero, che, tutt’oggi si impone nella stretta via Beato Casotti.
Sull’incendio del cinema in paese alcune “voci” sussurrano che “il Politeama ormai era morto e completamente improduttivo e l’ultimo frutto che offri ai suoi proprietari fu proprio il premio dell’assicurazione”.
Il secondo cinema di Lucera sorge in corso Garibaldi nel 1910. Il Foglietto del 3 aprile 1910 scrive:
“Questa sera si inaugura il cinematografo della Sala Vittoria, al Corso Garibaldi, di proprietà di Giovanni Pilla e Compagni. L’intenzione dei proprietari è quella di dare spettacoli popolarissimi a prezzi mitissimi. E’ encomiabile, e il successo per questo non mancherà; non mancherà neppure per la centralità del sito e per la novità dei films, Auguri alla Sala Vittoria o Salon Victoire come vuole Pilla.”
Ma, dopo quest’articolo la sala Vittoria e i suoi proprietari spariscono dalle pagine del giornale lucerino e oggi, in città, 99 anni dopo, nessuno ricorda l’iniziativa di quei pionieri del cinema.
1.3. II cinema Eden (1911-1915)
Quattro anni dopo l’idea del Royal Cinematograph i fratelli Faccilongo decidono di aprire una Sala di proiezioni, in un edificio di loro proprietà che sta sorgendo a Porta Croce.
L’ Eden è inaugurato nel dicembre del 1911. Inizia con rappresentazioni tutte le sere, dalle 17.30 in poi, con “scelti programmi e prezzi popolari”.
Nel 1911 i lucerini si dividono tra il Politeama e il nuovo cinema Eden. Nel 1912 1’Eden Faccilongo rimane solo sulla piazza del paese, per una momentanea crisi del suo diretto concorrente, e Il Foglietto registra il successo dell’unico ritrovo nel paese che con le sue splendide cinematografie scaccia quel cattivo umore che le serate uggiose invernali trasfondono nell’animo di tutti”.
Gli spettacoli all’Eden iniziano alle sei e finiscono ad ora tarda. All’inizio, naturalmente, l’Eden è un cinema muto. Infatti, quando il 5 luglio del 1912 viene proiettato il film “La celebre battaglia di Bengasi”, avvenuta il 12 del passato marzo nell’Oasi delle Due Palme, la proiezione è accompagnata dalla “scelta orchestrina del Maestro Amodeo”, che suona la marcia del generale Ameglio.
Nel 1912 al cinema-teatro dei Faccilongo, insieme con le proiezioni cinematografiche, si svolge un nutrito programma di varietà. A luglio ci sono le recite della compagnia comica di varietà e canto diretta dell’artista Luigi Ercolani e la canzonettista Mery La Vega. Ad agosto la commedia buffa “Nu guast’ in famiglia”, con la compagnia Vassalla. Infatti, proprio il 25 agosto del 1912, Il Foglietto scriveva che “l’Eden, per lodevole iniziativa dei suoi proprietari si era trasformato in un buon teatrino di varietà e frequentato cafè chantant (canzonette, danze, duetti, macchiette, giochi, acrobati, comici, danzatrici, ginnasti…); senza, naturalmente, trascurare la programmazione cinematografica, anche se il pubblico andava scemando, rispetto gli inizi, tranne che nei giorni festivi“.
Nel 1913 il cinema Eden continua a proporre alla cittadina pellicole mozzafiato come “I Mille”, che evoca episodi commoventi della grande epopea garibaldina e fa “andare in visibilio, per due sere, mezza Lucera” e “L’attacco” e “La presa di Misurata”, per cui i fratelli Faccilongo ottengono “1’intervento della fanfara della Croce Verde, che con appropriate marce militari, destò nell’immenso pubblico un entusiasmo vivissimo e gli applausi scrosciarono fragorosi a ogni quadro della patriottica proiezione. Quest’ultimo film viene proiettato ben tre volte la stessa sera, per placare 1’entusiasmo del pubblico.
Con 1’inizio della prima guerra mondiale si perdono le tracce dell’Eden nella cronaca lucerina. Luigi Sacco, però, crede che il cinema Eden fu l’antesignano del Lepore, che appunto e inaugurato nei primi anni ’20.
Un altro grande cinema dei primi decenni del ‘900, scomparso quando ancora non era arrivato in Italia il cinema sonoro, è il cinema “Al Vermounth”, propaggine del Caj Vermounth, in piazza Duomo, inaugurato il 7 marzo 1914″.
Il Foglietto dell’epoca lo descrive come:
“un ritrovo che usciva dal comune e dalla volgarità delle ingorde speculazioni, un ritrovo che voleva essere un diversivo nella monotona vita cittadina di provincia”.
Dotare Lucera di un cinematografo elegante, comodo, ricco di attrattive, e appunto il programma dei fratelli Frattarolo e Pitta, intraprendenti industriali, che allestiscono in piazza Duomo un ritrovo che dava, di ora in ora, spettacoli cinematografici e offriva i comfort necessari e graditi negli intervalli delle rappresentazioni.
Dopo una lunga ed accurata preparazione il cinema Al Vermounth è inaugurato “in uno sfolgorio di luce, in uno splendore di eleganza, in una profusione di comodità, nuove per Lucera”.
Le sale adiacenti a quella cinematografica si articolano dalla sala di buvette a quella d’aspetto, a quella di gioco; tutte arredate e illuminate magnificamente, tanto da diffondere, secondo Il Foglietto, “un vivo senso di suggestione che attraeva e sollevava lo spirito”. La sala delle proiezioni, sfolgorante di luce, presentava una linea rara, signorile, di civettuola eleganza ed era divisa in reparti ben distinti: quello della platea e quello delle poltrone, su cui si ergeva un maestoso palco a ferro di cavallo.
Le prime proiezioni sono: Matrimoni, Nuovo stivale, Bacio di zingara, Che tipo quel Billy, dell’Itala films. Insieme con le precise e nitide proiezioni, il pubblico de Al Vermounth rimane favorevolmente colpito dall’orchestrina diretta dal maestro R. Landino, la quale esegue “in permanenza e con inappuntabilità scelte composizioni d’occasione”.
L’impianto della cabina e di tutta la disposizione della luce è diretto da Tommaso Arciuli, “elettricista-cinematografista”.
Il giorno dell’inaugurazione (domenica 7 marzo 1914) il successo riportato è superiore ad ogni previsione. Si succedono sei rappresentazioni, tutte gremite! “La macchina di una luminosità magnifica, tanto che la vista non si accorgeva di alcun movimento, fu ritenuta dai competenti la migliore che avesse lavorato fino ad allora a Lucera”.
II lunedì successivo è proiettata “La figlia del detective”, dramma in 3 parti. La centralità e la bellezza dei locali, il servizio inappuntabile di caffè (con paste fresche e gelateria), rendono il cinema Al Vermounth it ritrovo più ricercato di quella primavera.
I proprietari, vista l’enorme folla di pubblico a tutte le ore, si preoccupano subito di sistemare dei “ventilatori ed estrattori di aria calda, per rendere più fresche le sale”
Ciò che rende attraente Al Vermounth è il servizio di caffè.
Quelle sale sono il ritrovo più gradito dai lucerini perchè, senza l’obbligo di entrare al cinematografo, ognuno può trattenersi nel caffè in ogni momento della giornata.
Tra le altre cose 1’Impresa Perreca del telefono urbano impianta nella prima sala del cinema una cabina per conversazioni per il pubblico, cosicché dal caffè si può conversare con Lucera e con fuori Lucera, ad ogni ora. Per rendere più agevole e meno dispendioso alle famiglie il divertimento serale del cinematografo, la direzione stabilisce anche che i bambini paghino metà biglietto, apre gli abbonamenti a 10 spettacoli con prezzi sensibilmente ridotti e la domenica vi sono dei premi, in oggetti artistici (esposti nella vetrina dell’entrata) fra gli spettatori di ogni spettacolo. Nonostante l’impegno dei fratelli Frattarolo e Pitta e l’idea di abbinare in un unico locale caffè e cinema, dopo il 1914, de “Al Vermounth” non c’e più traccia sui giornali locali.
Al posto del grande cinema Caffè Vermounth ora c’è il Bar De Chiara e, a più di 80 anni di distanza, per gli anziani del paese il locale di inizio secolo è solo un lontano ricordo, legato a immagini dell’infanzia o al sentito dire.
L’immediato primo dopoguerra è un periodo straordinariamente attivo per le sale cinematografiche di Lucera. Dall’aprile 1921 nel locale delle scuole elementari di Santa Caterina comincia a funzionare, ogni lunedì e martedì, un cinema scolastico, il cui ricavato è utilizzato per 1’acquisto di oggetti di cancelleria, indumenti ed altro per gli alunni poveri. Nello stesso 1921 Il Foglietto si indigna anche perchè il dilagare del cinema ha fatto balenare 1’idea in paese di dare alcune proiezione nel Teatro Garibaldi:
Ci riferiscono una notizia strabiliante, e cioè che si vogliono dare al Garibaldi anche qualche spettacolo cinematografico. Sarebbe enorme, per non dire indecente, ridurre il teatro così elegante e così civettuolo ad una… stalla. Senza dire che ci sarebbe il pericolo di incendio. Ma, per la dignità stessa di Lucera, ci auguriamo che la notizia sia un pesce d’autunno.
Nel 1927 i fratelli Di Pierro costruiscono la sala Roma: in piazza del Popolo, 20.
Alla fine degli anni ’20 inizia i lavori per il suo locale, in via Roma, anche Michele Lepore, una sala di sola platea, con sedie e un grande pianoforte che accompagna le pellicole mute.
Nel 1927, i fratelli Vincenzo ed Achille Di Pierro (costruttori di mobili ed ebanisti) decidono di costruire un cinema. La Sala Roma inizialmente e tutta in legno e ferro con platea e galleria e, oltre a proiettare film, ottiene un gran successo con le operette e le opere liriche.
Tra il 1936 e il 1937 il locale deve essere ammodernato, perchè non rispetta le leggi di sicurezza pubblica. Vengono abbattuti la platea e il palcoscenico e si realizza un’unica platea di 550 posti e, soprattutto, il locale viene attrezzato per le pellicole sonore.
Entrando nel Roma si trova subito la biglietteria e la grata con la maschera, quindi, dopo un lungo corridoio, si arriva alla sala d’attesa, dove si aprono tre porte per entrare nella sala proiezioni.
Il periodo d’oro per il cinema Roma va dagli ultimi anni ’40 fino agli anni ’60, quando insieme con i film storici italiani si proiettano i grandi film hollywoodiani.
Nel 1955 al Roma si realizzano notevoli lavori di restauro e di ampliamento. Vengono anche acquistate nuove attrezzature, fra le più moderne, per una spesa totale di 15.000.000 di lire.
Nel 1967 i Di Pierro affidano la sala in gestione a una società di Bari che, disponendo di un nutrito giro di pellicole, può facilmente imporsi sulla concorrenza locale.
Con la nuova gestione al Roma sono sostituite le poltrone. Ma i gestori baresi creano parecchie grane ai lucerini, che per cacciarli dal loro locale, dopo dieci anni e dopo interminabili processi, devono arrivare a una causa in Corte di Cassazione.
Nel 1981 la gestione del cinema e affidata ad Alessandro Cagiano, un tecnico delle ferrovie dello Stato, che intesta la licenza del locale alla moglie, Maria Giuseppa Palazzo.
La gestione Cagiano dura 7 anni, fino al 1987. Nei primi tempi, Cagiano, fa diverse innovazioni tecniche e cura una programmazione di alto livello, ma nell’ultimo periodo e costretto a proiettare anche film a luci rosse. L’ultimo gestore, con un contratto triennale, e Germano Benincaso, che spera di poter salvare il cinema con una ventata di film d’essai, ma finisce solo con perderci dei soldi.
Con la gestione Benincaso si chiude la storia del Roma: una sala che negli ultimi anni ha costituito la meta degli studenti e dei pendolari, visto che si trova proprio di fronte alla fermata degli autobus e occhieggia ai viaggiatori con le colorate locandine dei film. II cinema cessa definitivamente le proiezioni nel 1990. Una parte è stata demolita per costruire un palazzo e un negozio di idraulica, sanitari e ceramiche, una parte è ancora visibile, con un telone grigio sull’insegna e la porta d’entrata sbarrata.
Michele Lepore “con immensi sacrifici riuscì a costruire il cinema teatro Lepore, in via Roma, che viene inaugurato (alla memoria dei due fratelli Fausto ed Alfio Lepore) nel novembre del 1930, secondo un giornale locale con il film “Lucia di Lammermoor”, di Piero Ballerini, anche se il film di Ballerini, con Nelly Corradi e Loretta di Lelio è del 1946.
Michele Lepore non è nuovo al mondo del cinema, infatti e comproprietario della Luceria Film, un’agenzia di distribuzione cinematografica locale, in attività fino agli anni ’50.
Durante la guerra il Lepore è requisito dalle truppe americane e nel 1946, alla riapertura, vengono avviati lavori di ammodernamento e pulizia. Ma il vero lavoro di ristrutturazione, che rende questo cinema un locale moderno e competitivo, sono quelli del 1955.
Nel ’55 Il Foglietto registrava: “negli ultimi tempi si sono avuti notevoli miglioramenti nelle sale cinematografiche locali”. La prima innovazione e realizzata dai proprietari del Politeama, Balsamo e Sacco, che installano un nuovo impianto di schermo panoramico. Poi e la volta del cinema teatro Lepore e della sala Roma, dove viene contemporaneamente inaugurato il nuovo impianto di cinemascope.
Per 1’occasione al Lepore è proiettato il grandioso “Riccardo cuor di leone” (1954), di David Butler, con Rex Harrison, Virginia Mayo e George Sanders. In quella serata sul palcoscenico del Lepore c’è anche il cantante Roberto Murolo, che affascina la platea.
Michele Lepore gestisce direttamente la sala di via Roma fino al 1972-’73, poi ne affida la gestione a Luigi Sacco, che accompagna il cinema per dieci anni.
Allo scoccare degli anni ’80, secondo un copione gia scritto, il Lepore viene stroncato dalla crisi delle sale cinematografiche e nel 1982 termina le proiezioni, per diventare un palazzo, dove ci sono gli uffici delle poste centrali.
Negli anni ’50 in tutta Terra di Capitanata c’e il boom dei cinema all’aperto, delle grandi arene estive dove gustare i film, al fresco, sotto il cielo stellato.
Anche Lucera ha la sua Arena: 1’arena San Giacomo, in via De Deo, alle spalle dell’omonima chiesa.
L’arena è della società Curato (proprietaria del suolo), Carrozzino e Ioci (che forniscono il capitale). Ha una capienza di 400 posti e lo schermo in muratura.
I lucerini ricordano che durante la proiezione dei film, ogni ora si sentiva il rintocco delle campane, che si diffondeva nell’aria, coprendo 1’audio della pellicola e disturbando il pubblico. L’arena San Giacomo è un fuoco di paglia. E’ legata più da una moda del tempo, che ad un reale bisogno degli spettatori. Infatti anche d’estate vengono preferite le sale al chiuso, che aprono i finestroni e lavorano anche nei mesi di luglio e agosto.
L’arena funziona solo per quattro o cinque stagioni e poi sul suolo dove si estendeva viene costruito un palazzone, sede degli uffici della succursale numero due delle Poste, quasi a richiamare la triste sorte del più vecchio cinema Lepore.
L’unica sala oggi ancora attiva a Lucera è il cinema San Giuseppe, in via Giordano Bruno 5, facente parte del complesso oratoriale, meglio conosciuto come “l’Opera Nov” (opera San Giuseppe), di proprietà della Pia Società Torinese di San Giuseppe.
La sala San Giuseppe, nasce come sala parrocchiale nel 1959, dall’iniziativa di padre Angelo Cuomo, con la collaborazione di tutta la cittadinanza. Ha una capienza di 440 posti a sedere in platea e 160 in galleria, con un palcoscenico di 5 metri per 10. Le poltrone della platea sono in legno tamburato e quelle della galleria in struttura metallica, con fondo e schienale in compensato curvato. L’impianto di proiezione è costituito da un proiettore 35 millimetri con lanterna a carboni e un proiettore 16 millimetri della Microtecnica. Dagli anni ’60 agli anni ’80, la sala San Giuseppe programma solo film parrocchiali o per ragazzi, poi, con il lento scomparire dei cinema a licenza industriale, il locale, gestito sin dalla costruzione da padre Michele Calmieri (economo della comunità Giuseppina di Lucera) si trova a dover supplire anche a una diversa richiesta del pubblico, che invoca a gran voce che a Lucera il cinema non scompaia del tutto.
Nel 1994, investito di questa nuova responsabilità, il San Giuseppe viene completamente ristrutturato dal direttore dell’opera Giuseppina di Lucera padre Giuseppe Rainone. Il cinema viene ribattezzato così Cinema Teatro dell’Opera.
Germano Benincaso, appassionato di teatro e di cinema, racconta: “Con i lavori del ’94 furono salvate solo le mura dell’edificio. Per il resto il cinema fu completamente rifatto, per rientrare nei sette parametri (acustica, immagine, visibilità, barriere architettoniche per disabili, estetica, comfort) previsti dalla legge”.
Con la ristrutturazione del 1994 è realizzato il rivestimento dei muri perimetrali e del soffitto con pannelli fonoassorbenti, vengono ampliate le porte d’entrata, sostituite le poltrone in legno con poltrone imbottite con tessuto ignifugo (azzurro), i posti in platea vengono portati a 338 e quelli in galleria a 90. Inoltre si ammoderna l’impianto di riscaldamento e si installa l’aria condizionata. Lo schermo (10 metri per 6) diventa avvolgibile. Vengono anche installati l’impianto dolby surround e il sistema antincendio.
I1 cinema dell’Opera alla fine del XX secolo è vissuto come luogo di aggregazione e di divertimento, ma è anche uno strumento culturale. Padre Giampiero Melaragni, giovane direttore dei padri Giuseppini, spiega che per loro “il cinema rappresenta uno stimolo per i ragazzi. Grazie alla disponibilità della sala nascono gruppi che fanno musical e teatro, tra questi bisogna riconoscere, nel 1998, la nascita della “Strumenti e Figure”, ora diventata compagnia stabile di teatro musicale, ormai impegnata su territorio nazionale. E’ un modo per stare insieme, ma è anche una scuola”.
Nel fine settimana il Cinema Teatro dell’Opera San Giuseppe proietta le prime visioni nazionali in contemporanea con Foggia. Durante la settimana, invece, si ritaglia uno spazio più vicino alla sua natura di sala parrocchiale, dedicandosi a film artistici e culturali.
Dal 2007, il direttore della comunità dei padri giuseppini di Lucera, affida la gestione proprio alla Strumenti e Figure, presieduta da Gianni Finizio, il quale cerca di adottare una gestione imprenditoriale che non sacrifichi la crescita culturale della sala e della città stessa.
Nel 2008, l’apertura della multisala nel capoluogo foggiano comporterà una serie di problemi agli equilibri del settore cinematografico di capitanata, facendo segnare un grosso calo di utenza in tutte le sale della capitanata (significative le chiusure nel capoluogo foggiano di sale cinematografiche storiche come l’Ariston, il Capitol). La scelta di Gianni Finizio e di P. Fernando Maddalena è quella di rilanciare il settore teatrale della sala adeguando la stessa a degli standar tecnici che permetteranno l’accesso di compagnie teatrali che si muovono con grossi allestimenti. Infatti un investimento di circa 40.000,00 euro ha permesso la realizzazione di un impianto di sospensione e sollevamento scenotecnico, oltre ad un miglioramento del sistema di condizionamento della sala e una serie di servizi tecnici sia audio che luci, che permettono al Cinema Teatro dell’Opera di ospitare grandi produzioni teatrali e musicali come quelle di Biagio Izzo, Carlo Buccirosso, Beppe Barra, Checco Zalone…